IL PRIMO INCONTRO DI QUARESIMA CON DON PIERANGELO RUARO

Eccovi un resoconto del primo incontro di Quaresima, tenutosi lo scorso giovedì sera a Dueville con la partecipazione di don Pierangelo Ruaro.

La parola Quaresima richiama l’idea di austerità, di rinuncia, di tristezza… In realtà il tempo di Quaresima ha uno scopo propositivo: quello «di preparare la Pasqua» (MR, p. LV). Lo sperimentiamo continuamente: più è importante l’evento da festeggiare e più si cura nei particolari la preparazione. Così, partendo dalla consapevolezza della importanza centrale che, per i cristiani, riveste la celebrazione della Pasqua, si è ritenuto necessario istituire un congruo tempo di preparazione.

La prima base di partenza, su cui si è organizzata la Quaresima, è stato il Catecumenato. I battesimi (o più precisamente “i sacramenti dell’iniziazione cristiana”) si celebravano nella Veglia pasquale; per i candidati (adulti) le ultime settimane prima di Pasqua costituivano un tempo di preparazione intensa, sia sul piano della catechesi che su quello della preghiera e dell’ascesi personale. Tutti i fedeli (cioè coloro che già erano stati battezzati) più tardi sono stati invitati ad «associarsi» in qualche modo ai catecumeni, nel ripercorrere spiritualmente il cammino del proprio Battesimo, per rinnovare con maggior fervore e coerenza di vita la propria adesione di fede a Gesù Cristo.

Una seconda base che ha dato forma alla Quaresima, è stata l’antica disciplina penitenziale. I cristiani che avevano gravemente mancato nel loro comportamento contro gli impegni battesimali dovevano «fare penitenza» per un certo tempo prima di essere ufficialmente «riconciliati» con la Chiesa ed essere riammessi alla comunione eucaristica. Fin dal sec. V tale riconciliazione venne fissata negli ultimi giorni prima di Pasqua, (a Roma il giovedì santo) (mattina e pomeriggio), in modo da permettere ai penitenti riconciliati di partecipare pienamente alla celebrazione della Pasqua.

Anche qui, tutti i cristiani vengono successivamente invitati a unirsi ai penitenti, nel chiedere perdono a Dio per i propri peccati e nel cercare una più profonda «conversione» di vita conforme agli insegnamenti del Vangelo.

Così SC parla del «duplice carattere del tempo quaresimale», che «mediante il ricordo o la preparazione del Battesimo e mediante la penitenza, dispone i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale con l’ascolto più frequente della parola di Dio e con la preghiera più intensa» (n. 109).

Di fatto questi due caratteri della quaresima si intersecano, poiché il cammino spirituale del riconoscimento dei propri peccati, del pentimento, della conversione e dell’accoglienza del perdono di Dio in ultima analisi consiste nel «rifare» consapevolmente la propria adesione a Cristo e al suo Vangelo: precisamente quella che è significata in modo «istituzionale» nel sacramento del Battesimo.

La Quaresima è, quindi, un invito a tutti i battezzati a «rifarsi cristiani». E’ un invito a domandarci schiettamente, ciascuno a se stesso: «Ma io, ci credo davvero?». Davvero crediamo che Gesù di Nazaret, crocifisso a Gerusalemme sotto Ponzio Pilato, è risorto da morte? Davvero crediamo che egli era il Figlio di Dio? E come mai lo ascoltiamo e lo seguiamo così poco?

Il  segno  dei  40  giorni  (aspetto  biblico) Quaresima significa etimologicamente periodo di 40 giorni. Questa scelta dei 40 giorni, non è casuale, ma è legata al fatto che nella bibbia sono presenti numerose ‘quaresime’. Quaranta  giorni,  o  quarant’anni  è  un  numero  simbolico  che  si  riferisce  a  un  tempo  «completo»  di  preparazione,  di  prova,  di  purificazione  per  l’incontro  con  Dio. La  prima  volta  che  troviamo  il  segno  biblico  dei  40  giorni  nell’Antico  Testamento  è  nell’episodio  del  diluvio (Gen  7,4.12.17).

Il  diluvio  fu  un  tempo  di  grande  azione  divina,  un  castigo  medicinale  per  mezzo  dell’acqua  «che  salva  e  distrugge».  Il  tutto  culmina  nel  rito  dell’alleanza  che  Noè  celebra  appena  uscito  dall’arca  e  nel  segno  dell’arcobaleno  (Gen  8,1-22,  9,1-19).  Il  diluvio  fu  dunque  una  Quaresima  riuscita. Poi  ci  sono  le  Quaresime  di  Mosè  sul  Sinai.  La  prima,  descritta  in  Es  24,15b-18,  fu  una  Quaresima  «non  riuscita».  Termina  infatti  con  la  distruzione  del  vitello  d’oro  (Es  32,1-35).  La  seconda  Quaresima  invece,  descritta  in  Es  34,1-35  è  una  Quaresima  che  ha  avuto  buon  fine.  Termina  infatti  con  la  consegna  delle  «Dieci  parole»  e  con  il  rito  solenne  dell’alleanza  tra  Dio  e  il  suo  popolo.  Mosè  rimane  sul  monte  davanti  a  Dio  in  entrambi  i  casi  per  «quaranta  giorni  e  quaranta  notti».

Il  primo  libro  dei  Re  al  cap. 19  narra  l’episodio  di  Elia  che  fugge  nel  deserto  e,  sfiduciato,  vuole  morire  perché  la  sua  esperienza  profetica  è  stata  messa  a  dura  prova.  Il  Profeta,  in  forza  del  pane  cotto  sotto  la  cenere  e  dell’acqua  che  l’angelo  gli  ha  portato,  «camminò  per  quaranta  giorni  e  quaranta  notti  fino  al  monte  di  Dio,  l’Oreb»  (1  Re  19,8).  Sul  monte  poi  Elia  ha  una  esperienza  forte  di  Dio,  conferma  la  sua  vocazione  profetica  e  ritorna  al  suo  difficile  ministero.  Dunque  una  Quaresima  riuscita.

Significativo  è  anche  l’episodio  di  Giona  (3,1-10)  e  della  Quaresima  dei  Niniviti:  essi  si  convertirono  alla  predicazione  di  Giona  e  fecero  penitenza.  Giona  stesso,  con  la  sua  curiosa  vicenda,  evidentemente  fantastica,  è  un  simbolo  del  mistero  pasquale  di  Cristo  e  Gesù  stesso  vi  fa  riferimento  nel  Vangelo  (cf.  Lc  11,29-32;  Mt  12,39-41).

Ma  la  Quaresima  «tipica»  dell’Antico  Testamento  rimane  il  cammino  dei  quarant’anni  nel  deserto.  Il  popolo  eletto  di  Dio,  liberato  dall’Egitto,  fa  esperienza  forte  di  Dio  nel  deserto,  vede  le  sue  «meraviglie»  (la  manna,  le  quaglie,  l’acqua  viva  della  roccia,  ecc.),  ma  non  rimane  fedele.  E  perciò  non  entra  nella  «terra  del  suo  riposo»,  la  terra  promessa.  Un’esperienza  di  Quaresima  non  riuscita.

Gesù,  tentato  nel  deserto  con  le  stesse  tentazioni  del  popolo  antico,  diventa  il  compimento  dell’antico  simbolo.  Egli  supera  la  tentazione,  nel  deserto  la  sua  Quaresima  è  riuscita  e  culmina  nella  glorificazione  pasquale:  dalla  prova  alla  vittoria,  dalla  morte  alla  vita,  dalla  tentazione  alla  trasfigurazione.

Cristo  fa  una  Quaresima  prima  della  sua  Pasqua,  ma  ne  fa  una  anche  dopo.  Negli  Atti  degli  Apostoli  (1,3)  troviamo  che  «dopo  la  sua  morte  Gesù  si  presentò  ai  discepoli  e  in  diverse  maniere  si  mostrò  vivo.  Per  quaranta  giorni  apparve  a  essi  più  volte,  parlando  del  regno  di  Dio».  Un  periodo  quasi  di  preparazione  alla  «piena  glorificazione»  che  dura  significativamente  40  giorni.  Ancora  una  Quaresima!

Anche  la  Chiesa  fa  la  sua  Quaresima.  Come  indica  il  Caerimoniale  Episcoporum:  «L’annuale  cammino  di  penitenza  della  Quaresima  è  il  tempo  di  grazia,  durante  il  quale  si  sale  al  monte  santo  della  Pasqua».  Evoca  l’idea  del  cammino  faticoso  nel  deserto.  Tempo  di  prova,  di  purificazione,  di  tentazione e  di  vittoria.  Cammino  di  liberazione  attraverso  l’ascesi  e  la  pratica  sacramentale.  Tale  è  la  Quaresima  della  Chiesa.

La Quaresima è come una specie di «parabola» della vita cristiana.

San Benedetto nella Regola (= RB) afferma che la vita del monaco dovrebbe essere come una grande Quaresima. Egli ha intuito come nella Quaresima la Chiesa celebri ciò che appartiene alla vita cristiana in quanto tale.

Noi invece, siamo abituati a fraintendere il «senso penitenziale» della vita cristiana e interpretiamo queste parole di Benedetto come se si trattasse di un invito a estendere a tutta la vita le privazioni e le pratiche ascetiche che caratterizzano la Quaresima. In realtà San Benedetto vuol ricordare che la Quaresima è il «sacramento» della vita cristiana: «ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di questi giorni» (RB 49,1-2).

Come prende forma la Quaresima, come periodo di preparazione di circa 40 giorni?

In Oriente, siccome non si poteva digiunare né la domenica né il sabato, doveva cominciare dal lunedì di otto settimane prima della Pasqua (8 x 5 = 40).

In Occidente invece, dove soltanto di domenica non si digiunava, durava originariamente dalla prima domenica di Quaresima fino al sabato santo incluso, cioè per 36 giorni di digiuno effettivo (6 x 6 = 36). Siccome, però, si voleva essere precisi nell’osservanza delle cifre bibliche, e quindi bisognava digiunare quaranta giorni, con il secolo VI vengono aggiunti quattro giorni della settimana precedente, facendo così cominciare la quaresima da quello che si sarebbe chiamato più tardi il mercoledì delle Ceneri.

Qualcuno forse ricorda come anche le domeniche precedenti il mercoledì delle ceneri avessero una connotazione quaresimale. Per questo si è dato loro il nome (con un calcolo approssimativo) di Quinquagesima (= il 50°), di Sessagesima (= il 60°) e di Settuagesima (= il 70°). Le due settimane e mezzo prima del mercoledì delle ceneri hanno formato così una specie di pre-quaresima. I paramenti liturgici erano già di colore viola e Gloria e Alleluia già erano stati omessi, per cui le celebrazioni avevano già  un carattere penitenziale.

La riforma liturgica conciliare ha lasciato cadere il tempo preparatorio alla Quaresima e ha restaurato il triduo pasquale facendo terminare la Quaresima con il giovedì santo, al calar della notte: sicché essa, di fatto, non è più di 40 ma di 38 giorni – poiché sono escluse le domeniche.

I TEMI DELLA QUARESIMA

Quando uno parte per un viaggio, deve sapere dove va. Così è per la quaresima: si tratta di un viaggio spirituale e la sua destinazione è la Pasqua, “la Festa delle feste”. Lo ricorda la seconda orazione di benedizione del mercoledì delle ceneri: celebrare la Pasqua significa giungere, mediante l’impegno dell’esercizio quaresimale, “a una vita rinnovata a immagine del Signore che risorge”.

Particolarmente prezioso e ricco si rivela il triplice percorso offerto dal Lezionario delle messe domenicali della Quaresima. Nei tre cicli di letture (A, B, C), i brani evangelici delle prime due domeniche riportano gli episodi classici della tentazione di Gesù nel deserto e della trasfigurazione sulla montagna dando così il tono al cammino quaresimale e mostrando ciò che dobbiamo lasciare (tentazioni) e ciò a cui dobbiamo invece tendere (trasfigurazione). Nelle altre tre domeniche che portano verso la settimana santa, il Lezionario offre tre itinerari diversi e insieme complementari.

Nellanno A si leggono i brani che anticamente costituivano l’ossatura della preparazione ultima di coloro che dovevano diventare cristiani: la Samaritana (Gv 4,5-42); la guarigione del cieco nato (Gv 9,1-41); la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45). In questi episodi risuona la rivelazione personale di Gesù (“acqua viva”, “luce del mondo”, “risurrezione e vita”) all’uomo e viene prefigurata la realtà battesimale. Queste letture possono essere riprese ogni anno secondo le esigenze pastorali di ogni singola comunità, soprattutto se vi sono dei catecumeni.

Il secondo ciclo di letture (anno B) richiama la nostra attenzione sulla Pasqua di Gesù.  Nella terza domenica Gesù è tempio vivo nella sua incarnazione, distrutto dagli uomini nella passione, riedificato per sempre dal Padre nella risurrezione (Gv 2,13-25); Cristo (quarta domenica) nella sua esaltazione dolorosa e gloriosa è compimento della tipologia del serpente innalzato da Mosè nel deserto (Gv 3,14-21); infine, nella quinta domenica, Gesù è il chicco di frumento che è stato sepolto nella terra per una sovrabbondante messe di vita eterna (Gv 12,20-33).

Lanno C presenta una catechesi sulla riconciliazione, dato che la Pasqua è il segno più alto della nostra riconciliazione con il Padre. Nelle domeniche terza, quarta e quinta vengono proclamati testi nei quali si esalta la misericordia di Dio: la parabola del fico senza frutti (Lc 13,1-9); la parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso (Lc 15,1-3.11-32); l’episodio dell’adultera perdonata (Gv 8,1-11).

Tre itinerari complementari che permettono di ripercorrere le grandi tappe di quella storia della salvezza attraverso la quale Dio chiama l’uomo alla fede, all’alleanza, alla vita e gli dona il suo Spirito.

LA QUARESIMA COME «ITINERARIO»

Ci fermiamo su due testi liturgici del tempo quaresimale, che stanno uno al suo inizio (Mercoledì delle ceneri) e uno alla sua fine (Veglia pasquale). Si tratta di due testi che si collocano in «momenti rituali» molto significativi: il rito penitenziale del Mercoledì delle ceneri (imposizione delle ceneri) e la liturgia battesimale della Veglia pasquale (prima della professione di fede). In entrambi i casi il riferimento è a quegli «elementi battesimali e penitenziali» a cui, come abbiamo visto, SC (n. 109) invita a dare rilievo durante il tempo di Quaresima. Nel Mercoledì delle ceneri troviamo questa orazione come «benedizione» prima dell’imposizione delle ceneri:

….benedici questi tuoi figli, che riceveranno l’austero simbolo delle ceneri, perché, attraverso l’itinerario spirituale della Quaresima, giungano completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del tuo Figlio…

Nella Veglia pasquale la professione di fede battesimale viene introdotta con queste parole:

Fratelli carissimi, …. al termine del cammino penitenziale della Quaresima, rinnoviamo la professione di fede del nostro battesimo…

Da questi due testi emerge il carattere di «itinerario» della Quaresima, un «itinerario» che viene detto «spirituale» e «penitenziale». Questo itinerario è costituito, come ogni itinerario, da un punto di partenza, da tappe intermedie (una distanza da colmare) e da una mèta. Per poter vivere la Quaresima e il più ampio tempo pasquale nel quale essa si inserisce, occorre tener ben presenti tutti e tre questi elementi.

Anzitutto il rapporto tra Pasqua e Quaresima: la meta della Quaresima è la celebrazione della Pasqua e in particolare la Veglia pasquale (professione della fede battesimale, celebrazione eucaristica). Lo racconta la nascita stessa della Quaresima: non un cammino verso la Pasqua, ma un cammino che viene dalla Pasqua: prima due giorni, poi una settimana, poi quaranta giorni… La Pasqua e la Veglia pasquale sono l’origine della Quaresima e non il prodotto della Quaresima.

Il punto di partenza dell’itinerario è invece costituito dall’«austero simbolo delle ceneri» che richiama l’antica prassi penitenziale della Chiesa. Con questo gesto iniziava l’itinerario «di conversione» per coloro che in modo grave avevano rinnegato la loro «scelta battesimale» e si erano quindi posti fuori dalla comunità rompendo la «comunione». Questo «inizio» della Quaresima dice soprattutto che «il centro» del tempo quaresimale è costituito dalla «conversione del cuore» e alla «conversione del cuore» devono tendere tutte quelle «pratiche quaresimali» che tradizionalmente caratterizzano questo tempo liturgico, che è «metafora» dell’intera vita cristiana.

Le tappe intermedie per il raggiungimento della mèta sono costituite dalle cinque domeniche di Quaresima, fino a giungere alla Domenica delle palme e alla Settimana santa. La guida nell’itinerario quaresimale è il Lezionario liturgico. È la Scrittura proclamata di domenica in domenica e di giorno in giorno a costituire l’ossatura dell’itinerario quaresimale.

Queste tappe intermedie dicono anche che c’è una distanza da colmare: la distanza tra la mia identità di battezzato e la concreta situazione nella quale mi trovo come singolo e come comunità credente in questo determinato momento della mia vita e della vita della Chiesa, la distanza – citando Agostino – tra la «misericordia/fedeltà» di Dio e la mia «miseria».

IL MERCOLEDÌ DELLE CENERI Con l’inizio della Quaresima, nei primi secoli, cominciava anche la penitenza pubblica per coloro che si erano resi colpevoli di una colpa particolarmente grave. I peccatori indossavano un vestito penitenziale e venivano cosparsi di cenere. Si aveva quindi, in analogia alla cacciata dal paradiso terrestre, il rito dell’esclusione dalla Chiesa (fino al mattino del giovedì santo, giorno penitenziale e quindi della riammissione dei penitenti, che, in questo modo, potevano celebrare la Pasqua con tutta la comunità). Quando l’istituzione della penitenza pubblica, verso la fine del primo millennio, andò perduta, si mantenne il rito dell’imposizione delle ceneri estendendolo a tutti i fedeli. Dice il Direttorio di liturgia e pietà popolare:

  1. L’inizio dei quaranta giorni di penitenza, nel Rito romano, è qualificato dall’austero simbolo delle Ceneri, che contraddistingue la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri. Appartenente all’antica ritualità con cui i peccatori convertiti si sottoponevano alla penitenza canonica, il gesto di coprirsi di cenere ha il senso del riconoscere la propria fragilità e mortalità, bisognosa di essere redenta dalla misericordia di Dio. Lontano dall’essere un gesto puramente esteriore, la Chiesa lo ha conservato come simbolo dell’atteggiamento del cuore penitente che ciascun battezzato è chiamato ad assumere nell’itinerario quaresimale. I fedeli, che accorrono numerosi per ricevere le Ceneri, saranno dunque aiutati a percepire il significato interiore implicato in questo gesto, che apre alla conversione e all’impegno del rinnovamento pasquale.

Il rito dell’imposizione delle ceneri può esser proposto o durante la Messa o in una liturgia della Parola conclusa con la preghiera dei fedeli.

Un rito antico, ma non antiquato!

1) Il gesto dell’imposizione delle ceneri ricalca quello di Dio che scaccia Adamo ed Eva, peccatori, dal paradiso (Gn 3,19ss.). “L’uomo-polvere, l’uomo-cenere” indica l’uomo che si è allontanato da Dio, ha respinto la proposta di vita del Signore per incamminarsi lungo una traiettoria di distruzione e di morte.

2) La cenere sulla testa è anche il segno che la volontà di Dio è la vita dell’uomo, perché la polvere è anche la ‘materia prima’ con la quale Dio ha creato l’uomo: “il Signore Iddio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn.2,7) (v. prima lettura 1 quaresima/A).

3) La cenere non è solo ciò che resta di un passato da buttare, ma è anche garanzia di futuro. Il contadino, una volta bruciati i rami secchi prende la cenere rimasta e la sparge sul terreno affinché, superato l’inverno, esso sia più fecondo. Questo è ciò che Dio vuol fare con ciascuno di noi: egli è il Divino Contadino che si è impegnato a lavorare il campo della nostra vita per renderlo fecondo e capace di produrre frutti in abbondanza.

4) Il gesto delle ceneri è un gesto pasquale: le ceneri sono ciò che rimane dell’ulivo bruciato (l’ulivo avanzato dalla precedente domenica delle Palme). E l’ulivo è simbolo di Cristo. L’ulivo bruciato è il segno di Cristo che ha bruciato, consumato la sua vita per noi, il Cristo che Dio Padre ha risuscitato. Allora la cenere posta sulla nostra testa diventa l’augurio a lasciare che nella nostra vita possa entrare sempre di più la vita del Signore risorto.

 

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